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PC: nel terzo trimestre 2023 spedizioni -9%

Nel terzo trimestre 2023 le spedizioni di pc a livello mondiale sono state pari a 64,3 milioni di unità, in calo del 9% rispetto al medesimo periodo del 2022. Secondo i risultati preliminari di Gartner, mentre questi risultati segnano l’ottavo trimestre consecutivo in calo per il mercato globale dei pc l’analista prevede una crescita a partire dal quarto trimestre di quest’anno.

“Il declino del mercato dei pc ha finalmente raggiunto il fondo”, commenta Mikako Kitagawa, direttore analista Gartner -. La domanda stagionale da parte del mercato dell’istruzione ha incrementato le spedizioni nel terzo trimestre, anche se la domanda di pc aziendali è rimasta debole, compensando una certa crescita”.
I fornitori hanno inoltre compiuto progressi verso la riduzione delle scorte. Entro la fine dell’anno l’inventario dovrebbe tornare alla normalità, a condizione che durante le festività le vendite non crollino.

Lenovo sempre 1° posto, Apple -24,2%

Con una quota di mercato pari al 25,1% Lenovo mantiene il primo posto nelle spedizioni, e sebbene registri ancora una volta un calo delle spedizioni anno su anno, questo si riduce a una sola cifra (-4,4%). Nel frattempo HP è l’unico fornitore a mostrare una crescita anno su anno (+6,4%), con spedizioni in aumento in tutte le regioni. Dell invece registra un calo delle spedizioni per il sesto trimestre consecutivo (-14,2%), influenzato dalla debole domanda di pc aziendali dovuta alla sua forte presenza sul mercato.

Quanto a Apple, le spedizioni diminuiscono drasticamente rispetto al 2022 (-24,2%), in parte perché il volume delle stesse era aumentato in modo significativo nel terzo trimestre 2022. In ogni caso, nel terzo trimestre 2023 seguono l’andamento stagionale, guidate principalmente dalla domanda di studenti ed educatori.

Il peggio è (quasi) passato?

“La buona notizia per i fornitori di pc è che il peggio potrebbe finire entro la fine del 2023 – afferma Kitagawa -. Il mercato dei pc aziendali è pronto per il prossimo ciclo di sostituzione, guidato dagli aggiornamenti di Windows 11. Anche la domanda di pc consumer dovrebbe iniziare a riprendersi, poiché i pc acquistati durante la pandemia stanno entrando nelle prime fasi di un ciclo di aggiornamento”.

Per il 2024 Gartner prevede quindi una crescita del 4,9% per il mercato mondiale dei pc. E la crescita è prevista sia nel segmento business sia in quello consumer.

Panoramica sui mercati

Se nel terzo trimestre del 2023 il mercato statunitense dei pc diminuisce del 9,3% su base annua, e nell’Asia Pacifico del 13%, trainato da un forte calo del 20% in Cina, in area EMEA diminuisce del 3,6%. Continui disordini politici, pressioni inflazionistiche e aumento dei tassi di interesse sono culminati in un nuovo minimo nella domanda, sebbene il calo del terzo trimestre sia stato meno grave rispetto ai due precedenti.

“Mentre le aziende riducono i budget per i pc come strategia di gestione dei costi – continua Kitagawa la domanda dei consumatori nell’EMEA rimane bassa, poiché tutte le fasce di reddito sono influenzate dalle pressioni inflazionistiche e dai tassi di interesse”.

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Vent’anni di moda italiana: lo stile diventa sostenibile

Cos’è la moda per gli italiani? Qual è il loro rapporto con l’abbigliamento, lo shopping e lo stile? Allo shopping come ‘coccola’ gli italiani contrappongono l’attenzione a prezzo e materiali, alla ricerca ‘dell’affare’ la sostenibilità ambientale. Dal punto di vista stilistico, in generale scelgono funzionalità e semplicità, ma se quello che negli ultimi vent’anni risulta vincente è lo stile Sex & the City, lo shopping terapeutico e di marca si sta contrapponendo al più recente Outdoor, che vince come previsione per il futuro.
Insomma, secondo la ricerca ‘2003-2023 Fashion Inside’, promossa dall’Osservatorio McArthurGlen sulla moda nel retail fisico, condotto da BVA Doxa in collaborazione con BRAND JAM, tra gli italiani e la moda l’equazione è complessa ma affascinante.

Lo shopping migliora l’umore, di più se è un affare

Gli atteggiamenti nei confronti della moda evidenziano una dualità di fondo tra i consumatori, che oscillano tra slancio emotivo e razionalizzazione. La moda è infatti un modo per esprimere la propria individualità (52%), lo shopping migliora l’umore (44%), contribuisce ad aumentare l’autostima (35%) ed è un modo di prendersi cura di sé (48%). Ma accanto a questo contesto decisamente emotivo, convivono alcuni aspetti più razionali, primo fra tutti l’attenzione ai prezzi. Per riuscire a ‘fare l’affare’ (59%) si fanno ‘ricerche’ e ‘confronti’ (55%) e si va alla ricerca di capi di buona qualità a prezzi accessibili (52%). La razionalità emerge anche nella scelta di capi: si preferisce un abbigliamento comodo e funzionale rispetto all’inseguire l’ultima moda (59%). La ricerca di un equilibrio che garantisca un look adatto e originale rimane comunque fattore di soddisfazione.

La sostenibilità passa per i Designer Outlet 

Anche nella moda e nello shopping si afferma in modo piuttosto evidente un richiamo ai temi di sostenibilità. L’acquisto di collezioni precedenti e di seconda mano è un mezzo per ridurre l’impatto ambientale (45%), e l’attenzione alla composizione dei materiali è elevata (38%). L’attenzione alla sostenibilità è rilevante in generale, e si rivolge anche alla seconda vita delle collezioni proposte dei Designer Outlet, a cui oltre ai prezzi vantaggiosi, viene riconosciuto in misura significativa un posizionamento vicino ai temi della sostenibilità (4%). In ogni caso, il negozio fisico rimane centrale come luogo esperienziale dove potere toccare con mano il prodotto, Ma soprattutto, premiarsi con la disponibilità immediata del capo.

Natural Chic e Minimalista vs New Romantic

Tra gli stili, quelli che piacciono di più e che si ritengono più adatti a sé sono Natural Chic (51%) e Minimalista (40%). La donna conferma la preferenza per il Natural Chic, mentre l’uomo tende ad apprezzare di più lo stile Street Active, insieme alla GenZ, che si sbilancia esprimendo una preferenza maggiore per stili quali Femme Fatale e Material Girl/Rocker. Andando oltre il proprio gradimento personale, gli stili che secondo gli italiani meglio interpretano la rappresentazione comune della moda contemporanea sono lo Street Active e il Natural Chic. Particolarmente d’accordo con questa tendenza i giovanissimi della GenZ, che citano tra gli stili più rappresentativi anche il Minimalista, andando invece e sminuire il ruolo del New Romantic/Dandy, più citato da Millennials e GenX.

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Sindrome post-vacanze: quando il rientro al lavoro è stressante

Per 9 lavoratori su 10 rientrare in ufficio dopo le ferie ha un impatto negativo sul benessere. Secondo un’indagine condotta da The Adecco Group, il 46% sperimenta questo disagio per quasi una settimana, mentre per quasi 1 lavoratore su 5 (19%) i sintomi persistono per un periodo ancora più prolungato. Per il restante 25%, invece, il disagio si attenua entro 1 o 2 giorni dal rientro.
Se le vacanze estive rappresentano per la maggior parte degli italiani un’occasione per staccare dalla routine quotidiana, dedicandosi al relax, senza obblighi né orari, il rientro al lavoro dopo le ferie può infatti risultare complesso e faticoso. E può causare addirittura la cosiddetta ‘sindrome post-vacanze’.
Al fine di evitare questo disturbo, Lidia Molinari, People Advisor Director di Adecco, propone alcuni suggerimenti per prepararsi a un rientro al lavoro senza stress.

Anticipare la routine

Anzitutto, riprendere la propria routine con anticipo. Chi, ad esempio, ha approfittato delle vacanze per fare un viaggio dovrebbe programmare il rientro a casa alcuni giorni prima di tornare in ufficio.
Avere tempo per adattarsi nuovamente alla routine permetterà di potersi riposare, sistemare le incombenze personali, mettere in ordine la casa, riprendendo il ritmo per affrontare al meglio le giornate lavorative. Se poi durante le vacanze si sono modificati gli orari abituali, sarà importante ripristinare gradualmente i cicli sonno-veglia. Questo aiuterà ad abituarsi al ritmo di lavoro senza vivere un cambio repentino. Inoltre, una volta ricominciata la routine quotidiana, alzarsi prima del solito per andare in ufficio permetterà di avere più tempo per affrontare la giornata senza fretta e senza ansie.

Pianificare il carico di lavoro con le giuste priorità

Una volta ritornati al lavoro, durante i primi giorni il consiglio è di concentrarsi su compiti più leggeri e meno impegnativi, in modo da rientrare gradualmente nel ‘trantran’ lavorativo senza sentirsi sopraffatti dal carico di lavoro. Organizzare le proprie giornate, stabilire obiettivi realistici e dare priorità alle attività permetterà di tenere sotto controllo l’ansia evitando di sentirsi sotto pressione per il carico di lavoro accumulato. Fondamentale, inoltre, ricordarsi di concedersi momenti di riposo, assicurandosi pause regolari. Questo aiuterà a rilassarsi, ricaricare le energie e ridurre lo stress accumulato.

Iniziare un nuovo progetto e sviluppare nuove competenze

Riprendere il dialogo con i propri colleghi e con il proprio responsabile permetterà di allinearsi sui vari progetti e compiti lasciati in sospeso durante le ferie, evitando sorprese e contenendo i livelli di ansia. Al contempo, continuare a nutrire le relazioni con i collaboratori aiuterà a migliorare l’umore, l’entusiasmo e la motivazione per il proprio lavoro. Anche iniziare un progetto personale o professionale in grado di entusiasmare renderà la routine più sopportabile, e favorirà lo sviluppo di nuove abilità. Come, ad esempio, iscriversi a lezioni di cucina, imparare a suonare uno strumento, o intraprendere corsi di formazione professionale ad hoc.

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Facebook e Instagram presto in abbonamento senza pubblicità in Europa

È quanto riporta una notizia del New York Times: Meta Platforms potrebbe presto introdurre un’opzione di abbonamento senza pubblicità per gli utenti di Facebook e Instagram nell’Unione Europea. Che si tratti di un possibile passo strategico per placare le preoccupazioni dei regolatori, e prevenire conflitti potenziali legati alla privacy, il New York Times sottolinea come l’azienda di Mark Zuckerberg intenda comunque mantenere invariata la disponibilità delle versioni gratuite delle sue piattaforme. Un modello che lungo i suoi vent’anni di storia ha dimostrato di funzionare bene.
L’ipotesi di introdurre un servizio a pagamento potrebbe però rappresentare un importante cambiamento nella strategia di Meta Platforms.

Cresce la pressione delle autorità europee per le violazioni della protezione dei dati

Tuttavia, il quotidiano mette in luce la crescente pressione delle autorità europee nei confronti di Meta Platforms, principalmente a causa delle violazioni della protezione dei dati verificate nel corso degli anni. Questo nuovo modello di business permetterebbe però all’azienda di diversificare le fonti di guadagno e ridurre la sua dipendenza dalla pubblicità, che attualmente costituisce la principale fonte di entrate. Nonostante ciò, i dati finanziari del secondo trimestre della società hanno mostrato un incremento nelle vendite complessive, indicando che l’interesse degli inserzionisti pubblicitari rimane elevato.

Un annuncio che non sorprende

L’annuncio non dovrebbe perciò sorprendere coloro che seguono da vicino Meta Platforms, poiché all’inizio dell’anno l’azienda aveva già anticipato l’intenzione di testare un’opzione di abbonamento per Facebook e Instagram, presentandola come una misura volta a combattere le frodi legate all’identità degli utenti, riporta Adnkronos. Alcune fonti interne a Meta ritengono che la possibilità di offrire agli utenti la scelta di sottrarsi alla pubblicità continuando però ad avere accesso a Facebook e Instagram per abbonamento potrebbe alleviare alcuni dei timori delle autorità europee. O quantomeno agevolare gli interessi del colosso nell’Unione Europea, dove Meta non ha ancora lanciato la sua nuova app Threads, la rivale di X, l’ex Twitter, proprio per timori in ambito regolamentare.

Intanto Meta continua a lavorare al metaverso

Concentrata nelle sfide in Europa, Meta comunque lavora al rilancio delle sue attività e al metaverso, la realtà virtuale che Zuckerberg ritiene essere il futuro e che sta muovendo i primi passi.
L’attenzione è alta anche sulla nuova frontiera dell’Intelligenza artificiale e sulla sua integrazione con i prodotti Meta. Proprio l’AI, riferisce Il Sole 24 Ore, porterà Zuckerberg e altri amministratori delegati di colossi Big Tech, da Elon Musk agli amministratori delegati di Microsoft e Google (Satya Nadella e Sundar Pichai) al Senato americano il 13 settembre per un incontro bipartisan a porte chiuse che sarà da base alla stesura di regole per l’AI.

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Mutui: se variabili in 18 mesi 2.300 euro esborsati in più

A gennaio 2022 chi ha sottoscritto un mutuo medio a tasso variabile ha versato in appena un anno e mezzo oltre 2.300 euro in più. A causa del rialzo dei tassi dovuto alla politica monetaria della Bce, e considerando le aspettative di mercato, Facile.it e Mutui.it stimano che a luglio 2024 la spesa possa arrivare a superare 5.300 euro. Per l’analisi il compratore Facile.it ha preso in riferimento un finanziamento a tasso variabile da 126.000 euro, con piano di restituzione in 25 anni sottoscritto a gennaio 2022. Facile.it ha analizzato come sono cresciute le rate da inizio 2022 a oggi e come potrebbero variare nuovamente nei prossimi mesi in base ai Futures sugli Euribor, gli indici di riferimento dei tassi variabili.

Oggi si paga il 60% in più rispetto a inizio 2022

Il tasso (TAN) di partenza di gennaio 2022 era pari allo 0,67%, corrispondente a una rata mensile di 456 euro. A seguito degli aumenti del costo del denaro messi in atto dalla Bce per contrastare l’inflazione, il tasso è salito arrivando a sfiorare il 4,95% ad agosto 2023, con una rata di circa 726 euro. Di fatto, oggi il mutuatario paga il 60% in più rispetto a inizio 2022 (+270 euro).
Sommando le cifre aggiuntive pagate ogni mese rispetto alla rata di partenza è emerso come da gennaio 2022 ad agosto 2023 l’esborso totale per il mutuatario sia stato di oltre 2.300 euro.

Le previsioni del mercato: picco a dicembre

Nelle ultime settimane l’Euribor a 3 mesi ha rallentato la sua salita, ma da qui alla fine dell’anno continuerà a crescere raggiungendo il picco tra novembre e dicembre 2023, quando toccherà il 3,86%.
Ciò porterebbe il tasso del mutuo medio preso in esame a superare il 5,10%, con una rata di circa 734 euro, ovvero oltre 275 euro in più rispetto a quella di gennaio 2022. La buona notizia è che con l’inizio del nuovo anno la tendenza potrebbe finalmente invertirsi, tanto che guardando alle quotazioni di marzo 2024, il tasso del mutuo preso in esame dovrebbe scendere al 5,02% per poi calare addirittura al 4,83% a giugno 2024.

Buone notizie per gli under 36

I giovani alle prese con l’acquisto della prima casa possono continuare a godere delle condizioni agevolate di garanzia fino all’80% almeno fino al 30 settembre, dopo la proroga di 3 mesi decisa dal governo. Secondo le simulazioni di Facile.it, oggi per un mutuo fisso al 100% senza agevolazione i tassi (Tan) fissi disponibili online per un finanziamento da 180.000 euro in 25 anni partono dal 4,75%, con una rata di circa 1.026 euro. Chiedendo la stessa tipologia di mutuo, ma godendo delle agevolazioni riservate ai giovani under 36, online si possono trovare tassi che partono dal 3,60%, corrispondente a una rata di 911 euro. Accedendo quindi alle condizioni agevolate è possibile risparmiare quasi 115 euro al mese rispetto a chi sottoscrive il medesimo mutuo, ma senza godere delle agevolazioni.

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Un cappotto verde sugli edifici per contrastare l’afa estiva

Durante l’estate, il “cappotto verde” sugli edifici riduce di oltre 1 °C la temperatura dell’aria nelle città. Questo è quanto emerso da uno studio condotto dall’ENEA e pubblicato su Energy and Buildings, il quale ha valutato l’efficacia di utilizzare tetti e pareti esterne coperti di vegetazione contro le isole di calore nelle zone densamente abitate di Roma e Torino, concentrandosi principalmente su una tipica giornata estiva.
I ricercatori dell’ENEA, appartenenti al Dipartimento di Efficienza Energetica, hanno simulato tre scenari di mitigazione che prevedevano diverse combinazioni di soluzioni “green”. A Roma, il miglior scenario per abbattere le temperature includeva 12.000 metri quadrati di tetti verdi in combinazione con 60.000 metri quadrati di facciate verdi, ottenendo una riduzione media della temperatura di 0,33 °C, con picchi fino a 1,17 °C alle 15:00.

Più l’edificio è alto, più la copertura green “funziona”

Secondo la ricercatrice ENEA Tiziana Susca, che ha collaborato allo studio insieme ai colleghi Fabio Zanghirella e Vincenzo Del Fatto, il merito di questa riduzione della temperatura è principalmente attribuibile alle pareti verdi, che risultano più efficaci in proporzione all’altezza dell’edificio. D’altro canto, i tetti verdi estensivi si dimostrano inefficaci nel mitigare direttamente il riscaldamento urbano quando vengono installati su edifici alti, ma sono molto utili per ridurre la temperatura interna dell’abitazione e, di conseguenza, l’uso di climatizzatori.
A Torino, sono state registrate riduzioni della temperatura esterna dell’aria di circa 0,5 °C in due scenari che prevedevano rispettivamente 6.000 metri quadrati di “living wall” (pareti verdi) e altrettanti di facciate verdi sugli edifici. In entrambi i casi, le abitazioni si trovavano lungo un “canyon urbano”, ovvero un’area urbanizzata parallela alla direzione principale del vento che favorisce la dissipazione del calore accumulato.

Gli aspetti che influenzano la resa del cappotto vegetale

Gli esperti hanno evidenziato che l’efficacia delle soluzioni “green” è influenzata da diversi fattori, come il clima, le condizioni meteorologiche, la geometria urbana, la scala di applicazione, le tecnologie e le specie vegetali utilizzate. Nel corso delle ondate di calore, si è riscontrata una leggera riduzione dell’efficacia delle soluzioni green, poiché le piante chiudono gli stomi, piccole aperture presenti sulle foglie che consentono lo scambio gassoso tra l’interno e l’esterno della pianta, durante questo fenomeno climatico estremo.

Una strada ecologica per il futuro dell’urbanizzazione

La ricerca dell’ENEA assume un’importanza cruciale, poiché le previsioni indicano un aumento dell’urbanizzazione e un conseguente aumento delle temperature urbane superficiali. Nel 2016, le aree urbane coprivano l’1,29% della superficie terrestre occupata, ma secondo le stime dell’ONU, entro il 2050 la percentuale della popolazione urbana raggiungerà il 68,36%. Ciò comporterà una maggiore urbanizzazione che altererà l’equilibrio termico naturale e porterà a un ulteriore aumento delle temperature urbane. Le proiezioni relative agli scenari di espansione urbana suggeriscono che, se si continua a utilizzare combustibili fossili come finora, entro il 2100 l’Europa registrerà un ulteriore aumento medio delle temperature superficiali di 0,12 °C in estate.

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Vacanze: nel 2023 quasi 9 milioni di italiani non partiranno

Quest’anno tanti italiani non potranno permettersi di andare in vacanza. Il motivo principale è legato alla scarsa disponibilità economica. Secondo l’indagine commissionata da Facile.it all’istituto di ricerca EMG Different, tra chi ancora è indeciso e chi già è sicuro di non fare le valigie, sono infatti quasi 9 milioni gli italiani che come motivo delle mancate ferie indicano i problemi economici. Soprattutto gli appartenenti alla fascia anagrafica 35-44 anni. tra loro, il 64,3% (1,6 milioni) resterà appunto a casa per motivi economici. Per il 59,5% di chi non partirà per ragioni economiche (oltre 5 milioni) a incidere è l’aumento generalizzato dei prezzi. Dato che raggiunge il 69,4% tra i 45-54enni. In pratica, quasi 7 italiani su 10 in questa fascia di età rinunceranno alle vacanze perché in difficoltà.

Costi legati ai viaggi, imprevisti, perdita del lavoro

A livello territoriale, invece, sono gli abitanti del Sud Italia (59,1%) e delle Isole (60%) coloro che in percentuale rinunceranno in misura maggiore alla partenza a causa di difficoltà economiche.
Il 35,8% di chi resterà a casa per ragioni economiche, inoltre, rinuncerà a causa degli incrementi dei costi legati al viaggio, soprattutto i giovani. Più di uno su 2 (53,8%) appartenente alla fascia 18-24 anni ha dato questa motivazione. Il 26,4%, poi, si trova in una situazione di difficoltà economica a causa di un imprevisto (33,3% tra i 25-34enni e gli abitanti del Nord Est e delle Isole), mentre il 22,3% a seguito della perdita del proprio lavoro o di un membro della famiglia. La percentuale è più alta nel Nord Ovest (35,3%) e al 36,8% per gli intervistati di età compresa tra 55-64 anni.

C’è anche chi non ha ferie e chi deve accudire un anziano

Oltre alle motivazioni economiche, sono anche altre le ragioni per cui tanti italiani non si concederanno una vacanza. Il 17,2% (2,9 milioni) andrà in vacanza durante un altro periodo dell’anno, percentuale che sale al 19,4% tra i 25-34enni e al 23,3% tra i residenti nel Nord Est, arrivando al 32,7% per gli appartenenti alla fascia anagrafica 65-74 anni. Il 12%, invece, non avrà ferie, soprattutto i più giovani (18,2% 18-24enni e 27,8% 25-34enni), mentre l’11% non potrà partire perché deve accudire persone anziane. In questo caso sono principalmente coloro di età compresa tra 55-64 anni (19,7%).

Il Covid fa ancora paura

Il 9,5%, poi, non partirà per curare il proprio animale (13,3% tra i 45-54 anni e 14,3% nelle Isole). E più di 400mila staranno a casa per paura di contrarre il Covid.
Se a livello nazionale la percentuale di chi quest’anno sicuramente non partirà per le vacanze estive è pari al 16,9%, il dato arriva al 19,1% tra chi ha un’età compresa tra 45-54 anni, mentre a livello territoriale sono gli abitanti del Centro Italia (21%) coloro che rinunceranno in misura maggiore alle ferie. Tra coloro che non sanno ancora se partiranno o meno, oltre 9,3 milioni di connazionali (22%), i più indecisi sono i 65-74enni (27,2%) e i residenti nelle Isole, dove la percentuale raggiunge il 26%.

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Gen Z: il social preferito è BeReal

Da aprile 2022 ad aprile 2023 il social di maggior successo tra i ragazzi della GenZ in Italia è BeReal, l’app mobile che punta tutto su genuinità e velocità, a dispetto dei più rinomati concorrenti dove a primeggiare sono filtri e personalizzazioni estreme. Tramite una notifica sul cellulare, BeReal chiede di condividere un contenuto in un certo lasso di tempo, e secondo l’agenzia di analisi Comscore BeReal ha guadagnato in Italia circa 609mila nuovi utenti in un anno, più della Spagna (552mila) e poco sotto il Regno Unito (698mila).
L’analisi di Comscore si concentra sulle app mobile in Italia, Regno Unito e Spagna, e per ottenere la stima più vicina alla Gen Z (nati tra il 1997 e il 2012) prende in considerazione la fascia di utenti con età compresa tra 18 e 24 anni.

Twitch e Reddit completano il podio

Il pubblico di riferimento dell’app è appunto quello dei ragazzi tra 18 e 24 anni. Ma in termini di ‘reach’, ovvero di utilizzo dei social per gruppi di età, YouTube per device mobili è in testa in tutti e tre i Paesi, raggiungendo il dato più alto in Spagna (87%). Dopo BeReal, in Italia a vantare la crescita maggiore è Twitch, la piattaforma dedicata allo streaming di videogame, seguita da Reddit e Snapchat. Più indietro le app di Meta, come Facebook e Instagram, mentre si assiste a una risalita di Pinterest, sempre più un motore di ricerca visiva su argomenti come cucina e altri hobby, riporta Ansa.

Non tutte le piattaforme sono uguali

Il calo di popolarità di Twitter è un’altra evidenza mostrata da Comscore: solo poco più del 10% dei GenZ italiani accede con frequenza al social controllato da Elon Musk, un dato più basso del 30% se riferito al Regno Unito e al 40% della Spagna. In ogni caso, la Gen Z è nota per essere molto esperta di social media e piattaforme. Ma non tutte le piattaforme sono uguali, e con l’emergere di nuove tendenze diventa sempre più difficile tenere traccia del dove gli utenti di questa generazione trascorrono il proprio tempo.

Social media: il confronto generazionale

Confrontando la GenZ con la popolazione digitale generale, i Gen-Zers superano i valori medi sulla maggior parte delle piattaforme social, con le eccezioni di LinkedIn e Facebook. Alcuni degli indici più alti sono appunto su BeReal, Twitch, Reddit e Snapchat. Comparando l’utilizzo dei social media o piattaforme della GenZ rispetto ad altri gruppi di età, il focus è su YouTube, Instagram, TikTok, Snapchat, Facebook e Twitter, che mostrano una reach molto alta tra i Gen-Zers. Per YouTube la fascia di età 18-24 anni mostra la reach più alta in Italia e Spagna, mentre nel Regno Unito la fascia di età 25-34 li supera di 6 punti percentuali di copertura.

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Green Economy: il protagonismo delle micro e piccole imprese

Confrontando i quinquenni 2011-2015 e 2017-2021, le micro e piccole imprese italiane hanno aumentato la quota di investimenti green rispettivamente del 44,8% e del 36,1%. Medie e grandi imprese, hanno aumentato la quota di investimenti green complessivamente del +39,7%.
Inoltre, negli ultimi cinque anni sono state quasi 473mila le micro e piccole imprese che hanno effettuato eco-investimenti su un totale di oltre 530 mila aziende. È quanto emerge dal rapporto Artigiani del futuro 100 Storie, presentato al Seminario di Fondazione Symbola, promosso da Fondazione Symbola, Confartigianato, Cna e Casartigiani. 

Gli investimenti green

Sul fronte della sostenibilità, nell’ultimo quinquennio sono state 472.630 le micro e piccole imprese (rispettivamente, 377.880 e 94.750) che hanno effettuato eco-investimenti su un totale di 531mila aziende. Inoltre, il 61,9% dei nuovi contratti di lavoro in cui sono state richieste competenze green è stato stipulato nelle micro e piccole imprese, e anche ricerca e sviluppo in chiave green sono trainate da queste realtà. I brevetti italiani, relativi a energie alternative e gestione di rifiuti e inquinanti, depositati a livello europeo da micro e piccole imprese sono oltre il 55% del totale, contro il 25% delle medie imprese e il 20% delle grandi.

L’occupazione

Oltre il 63% del totale dei lavoratori in Italia è impiegato in imprese di piccole dimensioni, che si confermano hub importanti anche per il lavoro giovanile. Il 68% dei giovani trova la prima occupazione in micro o piccole imprese, e sono un milione gli impiegati under 30, a fronte di circa 751mila giovani sotto i 30 anni impiegati nelle medie e grandi imprese. Inoltre, tra le micro e piccole realtà la presenza di imprese guidate da donne o a prevalenza femminile è superiore rispetto alle altre classi dimensionali. Oltre un’impresa micro su cinque è femminile, una su sei se si considerano le piccole. Sul totale delle imprese femminili del nostro Paese, il 96,7% è micro. Se si passa alle medie e grandi, solo una su sedici è guidata da donne.

Il territorio

Micro e piccole imprese sono poi in prima linea anche nell’integrazione: l’83% dei lavoratori stranieri è occupato in una micro o piccola impresa, e oltre il 99% di quelle straniere è di piccola dimensione.
Il rapporto racconta attraverso numeri e storie il valore dell’artigianato e delle piccole imprese italiane, un sistema che alimenta la capacità di affrontare le sfide del futuro legate all’innovazione e alla sostenibilità. Guardando al territorio, le imprese artigiane rappresentano un vero e proprio presidio dell’economia nei piccoli comuni, in cui rappresentano il 99,4% delle imprese extra-agricole presenti. E nel 69,2% dei piccoli comuni italiani rappresentano anche la totalità dell’occupazione nel territorio.

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La Rivoluzione sostenibile è anche nella spesa: meno junk food più bio

Oggi gli italiani comprano il 10,5% in più di alimenti sostenibili certificati, il 7,5% in più di alimenti biologici e a km zero, e riducono i cibi pronti e confezionati del 5,2%. Quanto ai cosiddetti prodotti ‘junk food’, ovvero i cibi spazzatura, gli italiani nel carrello ne infilano il 4,4% in meno.
La conferma arriva dai risultati del rapporto ‘La (R)evoluzione sostenibile della filiera agroalimentare’, presentato durante il 7° forum dal titolo ‘La Roadmap del futuro per il Food&Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni’, organizzato da The European House-Ambrosetti.
Insomma, la spesa degli italiani diventa sempre più ‘sana’ e sostenibile. Il carrello del post-pandemia degli italiani punta infatti soprattutto sulla qualità della propria spesa alimentare.

Disposti a spendere di più se anche il packaging è sostenibile

Per il 73% dei consumatori un prodotto è sostenibile quando il suo processo di produzione è sostenibile. Subito dopo conta la sostenibilità del packaging (40,3%), e l’80% dei consumatori è disposto a spendere un po’ di più per acquistarlo. Oltre un terzo spenderebbe meno del 5% in più, mentre poco meno del 5% è disposto a spendere oltre il 30% in più. Secondo la ricerca, anche per le imprese un prodotto diventa sostenibile soprattutto nella sua fase di produzione: lo sostiene il 38,9% delle 500 aziende del settore Food&Beverage coinvolte. Ma per molte aziende (32,3%) è invece l’alta qualità delle materie prime il fattore principale di sostenibilità. Di fatto, nei piani dei prossimi 3-5 anni le aziende dichiarano di voler dedicare maggiore attenzione soprattutto alla sostenibilità della produzione (12,7%) e alla riduzione degli sprechi (13,7%).

Attenzione allo spreco e al benessere

“L’adozione di comportamenti più sostenibili nel carrello della spesa può anche essere un efficace contrasto all’attuale rincaro dei prezzi agroalimentari – ha spiegato Benedetta Brioschi, Associate Partner e Responsabile Food&Retail, The European House-Ambrosetti -. I consumatori italiani si comportano in base alle rispettive disponibilità economiche: le famiglie meno abbienti si sono orientate verso la riduzione degli sprechi alimentari nel 17,4% dei casi, quelle famiglie più abbienti, invece, acquistano maggiormente prodotti che possano salvaguardare il proprio benessere nel 33,3% dei casi”.

In pochi però seguono la dieta mediterranea

“Le abitudini d’acquisto stanno cambiando con una graduale e maggiore attenzione ai temi della salute – ha aggiunto Benedetta Brioschi -, ma nel Paese bisogna ancora lavorare sugli aspetti culturali: solo il 17,3% dei cittadini sa che la dieta mediterranea prescrive il consumo di almeno 5 porzioni giornaliere di frutta e verdura. E solo il 5% mette in pratica questi dettami, anche se siamo i primi esportatori di alcuni prodotti alla base di questo tipo di alimentazione”.

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