Benessere organizzativo e competenze nella PA e nelle aziende: quanto contano?

Dopo la pandemia un’azienda su due ha concesso lo smart working per migliorare il benessere dei propri dipendenti, Inoltre, il 61% delle aziende ha introdotto attività di cambiamento, sviluppo o revisione su organigramma e ruoli organizzativi, il 44% è intervenuto sui sistemi informativi, e più di un terzo ha modificato processi, procedure e competenze. Il contesto congiunturale è complesso, e le ricadute sulla società hanno modificato l’approccio delle aziende italiane verso la definizione di nuovi modelli organizzativi e di lavoro. Si tratta di alcune evidenze emerse durante l’evento organizzato da PIESSEPI e Nomisma, in collaborazione con G.I.D.P./H.R.D.A. Gruppo Intersettoriale Direttori del Personale, dal titolo Competenze e benessere organizzativo nella pubblica amministrazione e nelle aziende.

“Un clima gravato dalle tensioni generate dal conflitto russo-ucraino”

“L’attuale andamento congiunturale è connotato da un clima gravato dalle tensioni generate dal conflitto russo-ucraino, con crescenti difficoltà di approvvigionamento di molte materie prime con implicazioni sulle catene di fornitura globali e con una pressione inflazionistica che non si registrava da decenni – commenta Silvia Zucconi, Responsabile Market Intelligence di Nomisma -. In questo scenario deteriorato, le aziende stanno subendo trasversalmente in tutti i settori l’impatto dell’inflazione, trainata soprattutto dal caro-energia, con un aumento della bolletta energetica per le imprese che si attesta a 110 miliardi di euro in più rispetto allo scorso anno”.

L’importanza di soft skill e formazione

Tra gli elementi che hanno limitato il raggiungimento degli obiettivi legati al cambiamento, un terzo degli HR indica la scarsa quantità di risorse umane dedicate allo sviluppo delle attività, il 26% ha riscontrato problemi nella comunicazione, e 1 HR su 4 ha percepito difficoltà nello sviluppo dell’organizzazione e nella gestione delle persone. Inoltre, lo scenario che si prospetta ha rimesso al centro l’importanza delle soft skill e della formazione. Quasi la metà delle aziende ha effettuato attività di formazione tecnica negli ultimi 24 mesi, il 42% ha svolto attività di formazione delle soft skill e il 23% ha intrapreso percorsi di coaching individuali. Gli aspetti che hanno limitato lo sviluppo di tali attività sono stati la scarsa quantità di risorse umane dedicate (32%), il budget economico (22%) e lo sviluppo dell’organizzazione e gestione delle persone (20%).

Smart working e servizi di welfare aziendale 

Più della metà delle aziende (54%) dichiara di aver concesso lo smart working ai propri dipendenti, il 41% di aver intrapreso iniziative volte alla sicurezza e salute dei dipendenti sul luogo di lavoro, e più di un terzo ha fornito servizi di welfare aziendale ai lavoratori (35%).  I principali ostacoli allo smart working per circa un terzo dei responsabili HR sono stati legati alla tipologia di ruolo o mansione (32%), per il 29% alla scarsa capacità del management di gestire i collaboratori, e per il 24% a limitate competenze personali in materia di organizzazione del lavoro. Tuttavia, nel complesso 8 HR manager su 10 sono oggi soddisfatti delle attività avviate negli ultimi 24 mesi per il miglioramento del benessere organizzativo dei dipendenti.

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