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Gli italiani al ristorante vogliono la doggy bag

Mentre alla Camera si discute la proposta di legge per rendere obbligatorie le doggy bag nei ristoranti, secondo i i nuovi dati dell’Osservatorio Waste Watcher International, quasi un italiano su 2, il 47% degli intervistati, chiede di trovare di default la doggy bag al ristorante.
Uno su 3, il 32%, consiglia di dotarsi di bag riutilizzabili ed eco-compatibili. E il 26% suggerisce ai ristoratori di fornire un opuscolo con consigli per il consumo a casa degli avanzi e la creazione di nuovi piatti a partire dal cibo avanzato.

Solo una minima parte dei consumatori italiani, il 5 %, suggerisce invece di ridurre le porzioni servite.
Soltanto il 3% non accetterebbe di portarsi a casa il cibo avanzato. Ma per la maggioranza degli italiani la doggy bag non è più un tabù.

“Non chiamiamole borse per il cane”

I dati della ricerca sono stati resi pubblici da Andrea Segré, l’economista e divulgatore, fondatore del movimento e della campagna Spreco Zero. Con una raccomandazione importante: “non chiamiamole doggy bag, borse per il cane – spiega all’Ansa Segré – perché si rischia di togliere valore al gesto del recupero del cibo e di scoraggiare il recupero. Con il Ministero dell’Ambiente, qualche anno fa, abbiamo proposto il termine family bag, che restituisce una visione anche domestica della prevenzione dello spreco alimentare”.

Una buona pratica comune contro lo spreco di cibo

I dati Waste Watcher International del 2023 stimano uno spreco domestico pro-capite settimanale di circa 500 grammi.
I tempi sono quindi maturi perché questa pratica diventi consuetudine nei ristoranti italiani, senza bisogno di chiederla, come appunto una buona pratica comune.

La parola chiave, anche in questo caso, è prevenzione, ovvero, evitare di lasciare gli avanzi nel piatto. Si pone però un problema di cui nessuno parla: chi paga i costi della bag?
Se si vuole essere sostenibili la bag dovrà essere in materiale perfettamente riciclabile, e è a totale carico del ristoratore “la vedo assai difficile”, commenta Segré.

Ma chi paga il costo del contenitore?

“Mentre se la deve pagare il consumatore, con l’incremento dei costi, è ancora peggio – aggiunge l’economista -. Per evitare costi troppo elevati nella fornitura della family bag un’idea condivisa dal 32% degli intervistati è proporre confezioni, buste che possono essere riutilizzate dal cliente, ad esempio sacchetti di stoffa. Prima di presentare questo tipo di progetti bisognerebbe interrogarsi perché finora gli altri non hanno funzionato”.

Intanto, il 5 febbraio sarà la Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, durante la quale sarà lanciato il nuovo Osservatorio sugli sprechi nella ristorazione italiana, attraverso l’app istituzionale ‘Sprecometro’, scaricabile gratuitamente da tutti.

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Tecnologia di consumo, primi segni di ripresa

Il Consumer Electronics Show (CES), tra gli eventi più significativi nel panorama tech globale, inaugura il nuovo anno delineando prospettive incoraggianti per il mercato dei beni di consumo tecnologici e durevoli (T&D). Gli esperti di GfK hanno fatto un’analisi sulle performance dell’anno precedente e sulle tendenze emergenti, annunciando un’aspettata inversione di tendenza positiva per il 2024.

Le sfide del 2023 e le prospettive per il 2024 

Il 2023, caratterizzato da crisi su più fronti, non ha rispettato le aspettative di ripresa per il mercato globale della Tecnologia di Consumo. L’inflazione in crescita, la saturazione post-pandemica, le tensioni geopolitiche e la persistente incertezza dei consumatori hanno contribuito a un declino del mercato Tech globale del -3% rispetto al 2022.

Nonostante ciò, il fatturato complessivo rimane sopra i livelli pre-pandemici del 2019, grazie alle solide performance dei settori IT & Office (+16%) e Piccolo Elettrodomestico (+21%), mentre l’Elettronica di Consumo ha mostrato una tenuta più debole.

Trend del mercato T&D

Il prezzo e la fascia premium sono emersi come driver di crescita nel 2023. L’indagine internazionale GfK Consumer Life ha evidenziato l’importanza crescente del prezzo nelle decisioni d’acquisto. Retailer e produttori hanno risposto con periodi promozionali più estesi e una maggiore offerta di prodotti scontati, consentendo ai consumatori di accedere a prodotti premium a prezzi più accessibili.

Si sono viste coesistere fasce di mercato sensibili al prezzo con consumatori top spending, mantenendo elevate le performance dei prodotti premium.

Previsioni positive per il nuovo anno

Dopo due anni di declino, le proiezioni GfK indicano una moderata ripresa del mercato globale della Tecnologia di Consumo nel 2024. L’ottimismo si deve ad alcuni fattori chiave. Il primo, è il ciclo di sostituzione. A quasi quattro anni dall’inizio della pandemia, i cicli di sostituzione dei prodotti, in particolare smartphone e PC portatili, potrebbero spingere la crescita del comparto Telecom, con un’attenzione maggiore verso i dispositivi di fascia alta.

In secondo luogo, i grandi eventi sportivi come i Giochi Olimpici e i Campionati europei di calcio nel 2024 potrebbero stimolare una maggiore domanda di Elettronica di Consumo, in particolare televisori. Ancora, le differenze regionali nel settore Tech, già evidenti nel 2023, potrebbero accentuarsi nel 2024, con il PIL in crescita in aree emergenti come l’India, mentre Cina e Stati Uniti potrebbero rallentare.

Quarto e ultimo fattore è l’inflazione. Un previsto calo dell’inflazione a livello internazionale nel 2024 potrebbe migliorare la fiducia dei consumatori, sebbene i tassi di interesse rimangano elevati.

Raccomandazioni per il futuro

Ines Haaga, esperta GfK per il settore Tech & Durables, suggerisce che, nonostante il prezzo rimarrà un criterio di acquisto fondamentale, non sarà l’unico ago della bilancia nella concorrenza.
Retailer e produttori dovrebbero concentrarsi sul valore del proprio brand agli occhi dei consumatori e puntare su prodotti che offrano un giusto rapporto qualità-prezzo.

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e-commerce: i consigli per uno shopping natalizio sicuro

L’anno passato l’FBI ha riferito che 10,3 miliardi di dollari sono stati persi a causa della criminalità online.
Proteggersi dalle potenziali minacce online è essenziale anche, e soprattutto, durante gli acquisti per le festività. Lo shopping sul web è una delle modalità più innovative e convenienti per acquistare prodotti. Tuttavia, l’e-commerce può risultare anche una scelta rischiosa.

Se non si presta molta attenzione si può facilmente cadere vittime di truffe e attacchi cyber, che mirano a rubare dati personali e denaro.
Non solo, è possibile farsi ingannare da false offerte e non ottenere il regalo acquistato in tempo per Natale.
Insomma, con il progredire della tecnologia, aumentano anche i rischi di truffe. Per questo Acronis ha pensato di condividere alcuni consigli per poter acquistare online in sicurezza.

Prima regola: installare un antivirus completo e affidabile

Per garantire una protezione completa su tutti i dispositivi collegati la prima regola e dotarli di un antivirus completo e affidabile. La seconda, è controllare due volte l’URL del venditore e visitare solo siti web sicuri e affidabili.
I siti web sicuri mostrano un lucchetto prima dell’URL nel browser, a dimostrazione dell’installazione della crittografia SSL (Secure Sockets Layer). In questo caso, l’indirizzo del sito web inizia con HTTPS.

È importante anche utilizzare password non banali, l’autenticazione a due fattori, e tutelare i propri dati personali utilizzando la protezione dell’identità.

I ladri informatici sono pronti a rubare tutto ciò che possono, quindi, tenere al sicuro tutti i dati, non solo quelli della carta di credito.

Pagare solo con servizi di pagamento accertati

Dubitare poi delle e-mail che affermano di provenire da rivenditori famosi, come Amazon, Walmart o Mediaworld. Verificare sempre la loro autenticità prima di cliccare su qualsiasi link, poiché potrebbe trattarsi di phishing.
Fare anche attenzione alle e-mail inaspettate di vecchi amici che contengono link e allegati, perché potrebbero portare a qualcosa di ‘diverso’: non aprirle mai!

E assicurarsi di avere una protezione attiva e aggiornata sui dispositivi: spesso infatti l’antivirus è installato, ma non è aggiornato.
Utilizzare, poi, sempre e solo servizi di pagamento online sicuri, come PayPal, Stripe, carte di credito prepagate o che offrono una protezione aggiuntiva.

Verificare le condizioni di spedizione

Per evitare l’accesso non autorizzato alle informazioni sensibili non utilizzare reti Wi-Fi pubbliche. Assicurarsi, quindi, di avere una connessione Wi-Fi privata e protetta.

Ricordarsi di verificare le condizioni di spedizione della specifica azienda o del venditore: alcuni commercianti addebitano spese di spedizione esorbitanti, trasformando un potenziale affare in un errore costoso. Verificare anche se il venditore fornisca tracciabilità della spedizione e assicurazione. E informarsi sui loro vettori. Se l’articolo non viene spedito entro due settimane è il caso di insospettirsi.

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Finanziamenti alle startup: nel 2023 superano 1,1 miliardi

Secondo i dati dell’Osservatorio Startup Hi-tech, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con InnovUp – Italian Innovation & Startup Ecosystem, gli investimenti totali in Equity di startup hi-tech in Italia nel 2023 ammontano a 1,13 miliardi di euro.  Ma risultano in contrazione del -39% rispetto ai 1,86 miliardi del 2022, e sono leggermente inferiori anche ai 1,39 miliardi del 2021.

Alla luce del calo generalizzato degli investimenti a livello globale i dati confermano comunque la solidità dell’ecosistema italiano, evidenziando al contempo l’assenza dei grandi round di finanziamento sopra i 100 milioni che avevano caratterizzato lo scorso biennio.

Dati in linea con quelli internazionali

“È necessario – commenta Andrea Rangone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Startup Hi-Tech – inquadrare la significativa decrescita registrata nel 2023 nello scenario macroeconomico nazionale e internazionale in cui si collocano”. Il dato italiano è infatti in linea con quello internazionale, che ad esempio, vede il valore del mercato del Venture Capital Europeo diminuire del -49% nei primi 9 mesi dell’anno.

In ogni caso, gli investimenti da parte di attori formali (fondi Venture Capital indipendenti, Corporate Venture Capital aziendali e governativi) confermano il tradizionale ruolo guida per l’intero ecosistema, limitando la decrescita a -14%. Un dato che conferma il ruolo infrastrutturale assunto dal comparto formale, che nel 2023 vede anche la nascita di nuovi attori.
Continuano invece a giocare un ruolo marginale gli investimenti Corporate, strutturati o meno, nonostante la crescente attenzione degli esperti di settore.

Finanziamenti da attori informali: -43%

I finanziamenti da attori informali (Venture Incubator, Family Office, Club Deal, Angel Network, Independent Business Angel, piattaforme di Equity Crowdfunding, aziende non dotate di fondo strutturato di Corporate Venture Capital, e nuove forme di venturing quali Startup Studio e Venture Builder) registrano una contrazione del -43% circa.

Tale decremento è specchio della situazione contestuale, dove l’incertezza economica e l’aumento dei tassi d’interesse rendono gli investitori informali più riluttanti a investire a causa dell’alto rischio e dell’incertezza associati a tali investimenti, soprattutto se paragonati ad altre asset class più sicure.

Non sorprende, quindi, che anche il segmento Equity Crowdfunding registri una significativa contrazione.

Investimenti internazionali: -55%

Con un calo del -55% è la componente dei finanziamenti internazionali a determinare in maniera significativa il decremento rispetto al 2022. Un risultato che riflette soprattutto l’assenza dei grandi mega round, tradizionalmente alimentati da grandi player internazionali.
Peraltro, il calo ricalca una situazione comune a livello europeo, segnata da un costante declino dei finanziamenti late-stage e l’ormai cronica scarsità di exit, in particolare in termini di IPO.

Rispetto al benchmark internazionale, che compara gli investimenti da parte di attori formali in Italia con quelli dii altri ecosistemi europei più maturi ed economie comparabili, si mantiene il gap consolidato negli anni precedenti, con una dimensione relativa dell’ecosistema italiano pari a circa 1/6 rispetto a quello francese, 1/4 rispetto a quello tedesco, e comparabile rispetto a quello spagnolo.

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Lavoro, previsti quasi 4 milioni di occupati in 4 anni

Nel prossimo futuro, a discapito di quanto si sente dire, nel nostro Paese ci sarà un grandissimo bisogno di figure professionali. Le previsioni di Unioncamere – ANPAL, Sistema Informativo Excelsior, indicano che nel periodo 2023-2027, le imprese tricolori avranno un fabbisogno occupazionale complessivo di oltre 3.800.000 unità, equivalenti a circa 760.000 nuove entrate all’anno.

Circa 73mila nuove assunzioni nel comparto IT

In particolare, il settore dell’Information and Communication Technology (ICT) in Italia sta vivendo una continua espansione. In questo campo, infatti, si prevedono oltre 72.600 nuove assunzioni nel campo dell’Informatica e delle telecomunicazioni nel quadriennio preso in esame.
Tuttavia, sussiste una significativa discrepanza tra le necessità occupazionali delle imprese e la disponibilità effettiva di professionisti e manager IT sul mercato.

Dalla Blockchain all’Intelligenza Artificiale, gli ambiti in maggiore espansione

Nel contesto specifico dell’Informatica e delle telecomunicazioni, il Sistema Informativo Excelsior stimata un fabbisogno di 72.600 unità nei prossimi quattro anni.

L’evoluzione costante in diversi settori dell’IT, come Data Science, Cyber Security, Blockchain, Intelligenza Artificiale e Machine Learning, genera una crescente richiesta da parte delle aziende di figure altamente specializzate.
Attualmente, tra i professionisti più ricercati dalle imprese italiane figurano ICT Security Manager, Cyber Security Architect, Sviluppatori, Business Intelligence Analyst e Network Engineer, insieme a esperti del Cloud e specialisti di SAP ed ERP in generale.

Divario tra le esigenze occupazionali delle imprese e il numero di professionisti disponibili 

Nonostante questa crescente domanda di competenze IT avanzate, persiste un rilevante divario tra le esigenze occupazionali delle imprese e il numero reale di professionisti e manager IT disponibili sul mercato. Secondo le stime del Sistema Informativo Excelsior, nel prossimo trimestre le aziende potrebbero affrontare una difficoltà di reperimento pari al 55,3% delle assunzioni programmate.
Questo scenario rende più complesso il processo di ricerca e selezione di professionisti nel campo dell’Information Technology, evidenziando la necessità di iniziative volte a colmare questa disparità e garantire una forza lavoro adeguata alle crescenti richieste del settore ICT.

Superare le criticità di reperimento

Per superare tale criticità, molte aziende si rivolgono a società di recruiting specializzate in IT recruitment, come Techyon. Obiettivo è quello di supportare le imprese nel delicato processo di ricerca di professionisti IT qualificati, in tempi brevi e in modo efficace.

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Gender pay gap: in Italia è ancora troppo elevato

Purtroppo, a quanto rilevano i dati INPS, il gender pay gap o differenza di stipendio, in Italia è ancora molto elevato.
Eppure, uno dei pilastri della parità di genere nel mondo del lavoro riguarda proprio la possibilità di allineare gli stipendi tra uomini e donne.

Dall’ultimo Osservatorio INPS sui lavoratori dipendenti del settore privato emergono notevoli differenze salariali, quasi 8 mila euro di stipendio in meno all’anno per le donne.
E il gender pay gap risulta addirittura in aumento, anche se di poco, rispetto al 2021.
Due anni fa era infatti pari a 7.908 euro, mentre nel 2022 è salito a 7.922. 

Le cause della disparità salariale

Più in dettaglio, la retribuzione media annua a livello nazionale per i dipendenti uomini del settore privato è 26.227 euro, mentre per le loro colleghe scende a 18.305.
Una delle motivazioni a parziale giustificazione della disparità di trattamento salariale va vista nella maggiore presenza di lavoratrici part-time, formula pagata meno rispetto al tempo pieno.

A tale proposito, nel 2022 le donne con lavoro part-time sono state oltre 3,5 milioni, contro poco più di 2 milioni di uomini.
D’altronde, il divario di stipendio non è solo legato al genere, ma anche all’età anagrafica e all’area territoriale.
Nel primo caso, gli stipendi dei giovani oggi sono decisamente bassi rispetto al costo della vita e al potere d’acquisto. Inoltre, risulta improbabile che domani i giovani possano raggiungere gli stipendi degli attuali profili senior. 

Ma c’è anche il gap geografico

Per quel che riguarda, invece, le diverse zone del Paese, l’Osservatorio INPS evidenzia che gli stipendi medi delle aziende private delle regioni del Nord Ovest sono decisamente più elevati di quelli delle altre aree territoriali.

In particolare, se la media al Nord Ovest si attesta a 26.933 euro annui, al Nord Est scende a 23.947 euro, e al Centro raggiunge 22.115 euro, quasi 5 mila euro in meno.
Differenza che aumenta ancora più rispetto agli stipendi medi delle regioni del Sud, pari a 16.959 euro e delle Isole, 16.641 euro.
Insomma, oltre 10 mila euro in meno.

Una giornata europea per la parità retributiva

I dati sulla disparità retributiva giungono a pochi giorni dall’Equal Pay Day istituito dalla UE per sensibilizzare gli Stati membri a operare per ridurre il gender pay gap.
Nel 2021 in Europa la differenzia salariale di genere si è attestata al 12,7%, calcolato sulla retribuzione oraria lorda media. Una percentuale che si traduce per le lavoratrici in circa un mese e mezzo di stipendio in meno all’anno.

Non a caso, riferisce Adnkronos, nel 2023 la giornata europea per la parità retributiva è caduta il 15 novembre, che corrisponde idealmente al giorno in cui le donne smettono di percepire salario fino alla fine dell’anno.

Fotovoltaico per i privati: fattori da considerare e incentivi

L’installazione di un impianto fotovoltaico è un investimento che può essere molto vantaggioso per i privati, sia in termini economici che ambientali.

Proprio per i motivi che seguono infatti, tante persone hanno già scelto di passare al fotovoltaico per ridurre i costi in bolletta o in certi casi per eliminarla direttamente, effettuando il distacco dalla rete.

Vantaggi economici e ambientali

Il principale vantaggio economico di un impianto fotovoltaico è chiaramente il risparmio che si ha in bolletta elettrica.

Un impianto produce energia elettrica pulita e rinnovabile da sfruttare per il proprio consumo, riducendo così la quantità di energia acquistata dalla rete elettrica.

Il risparmio può arrivare fino all’80%, a seconda delle dimensioni dell’impianto e del fabbisogno energetico dell’abitazione.

Inoltre, un impianto fotovoltaico può generare un reddito aggiuntivo attraverso la vendita dell’energia in eccesso alla rete elettrica. Il prezzo dell’energia venduta alla rete è stabilito dal mercato, ma è comunque superiore al costo dell’energia acquistata.

Un altro ottimo argomento per passare al fotovoltaico è legato all’ambiente: questo tipo di impianto infatti, non produce emissioni di gas o inquinamento di alcun tipo, contribuendo così a ridurre anche l’effetto serra.

I fattori da considerare

Prima di procedere con l’acquisto e l’installazione dell’impianto fotovoltaico, è importante considerare anche altri fattori che giocano certamente un ruolo primario. Tra questi, i principali sono:

  • L’esposizione solare dell’abitazione: l’impianto fotovoltaico deve essere installato in un luogo dove è possibile ricevere una buona esposizione solare, così da garantire un’adeguata produzione di energia.
  • La dimensione dell’impianto: la dimensione dell’impianto deve essere ragionata in base ai consumi energetici dell’abitazione e degli spazi a disposizione.
  • Il costo dell’installazione: il costo dell’installazione di un impianto fotovoltaico varia a seconda della dimensione e delle caratteristiche dell’impianto.

Per valutare bene tutti questi aspetti, è consigliabile rivolgersi a un installatore qualificato per valutare la fattibilità dell’installazione e ottenere un preventivo accurato.

Incentivi fiscali

Il governo italiano ha introdotto già da qualche anno una serie di incentivi per promuovere l’installazione di impianti fotovoltaici. Gli incentivi possono essere di natura fiscale, economica o tecnica.

Il principale incentivo fiscale è la detrazione fiscale del 50% delle spese sostenute per l’installazione dei un impianto fotovoltaico. La detrazione è ripartita in 10 quote annuali di pari importo.

Un altro incentivo fiscale è il Bonus Mobili, che consente di detrarre il 50% delle spese sostenute per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici di classe A+ o superiore, se acquistati contestualmente alla realizzazione di un intervento di riqualificazione energetica dell’abitazione, tra cui l’installazione di un impianto fotovoltaico.

Incentivi regionali

Oltre agli incentivi statali, anche le singole regioni italiane hanno introdotto una serie di misure per promuovere l’installazione di impianti fotovoltaici.

Ad esempio, il Piemonte è una regione molto attiva in questo campo. Negli anni, questa regione ha reso disponibili diversi incentivi e bonus per l’installazione di impianti fotovoltaici, sia per i privati che per le imprese.

In particolare, il Piemonte ha recentemente prorogato fino al 31 dicembre 2023 un incentivo che offre una detrazione fiscale pari al 90% dell’investimento (che deve essere volto a migliorare l’efficienza energetica di abitazioni e condomini). A partire dal 2024, tale incentivo diminuirà al 70%, mentre nel 2025 si ridurrà al 65%.

Si tratta certamente di una buona occasione per quanti stanno pensando di far installare un fotovoltaico Torino e iniziare concretamente a risparmiare.

In breve

L’installazione di un impianto fotovoltaico è un investimento che può essere molto vantaggioso per i privati, sia in termini economici che ambientali. Gli incentivi statali e regionali rendono questa soluzione ancora più conveniente.

Se passare al fotovoltaico è un qualcosa che hai sempre pensato di fare e che per un motivo o l’altro hai sempre rimandato, adesso potrebbe essere il momento giusto.

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Mamme italiane: i comportamenti d’acquisto e le relazioni con i brand

Le mamme rappresentano uno dei più importanti segmenti di consumatori, in ragione del forte controllo sulla spesa domestica che esercitano. Sono decisori autonomi di acquisto all’interno della famiglia per articoli legati all’igiene e cura della persona (75%), articoli d’uso quotidiano per il bambino (72%), libri (60%), abbigliamento (59%) e salute (50%).

Sugli acquisti con budget o coinvolgimento più elevato, o che vengono fatti una tantum, come vacanze, assicurazioni, passeggini, la decisione è presa insieme al partner.
È quanto emerge dal Focus mamme, lo studio nato dalla collaborazione tra FattoreMamma, Media Data Factory e BVA Doxa, che esplora i comportamenti delle mamme e delle famiglie in termini di acquisti, relazioni con i brand, e utilizzo dei social.

Fedeli alle marche del cuore o aperte alle novità? 

C’è grande attenzione alle offerte e promozioni e una sensibile indecisione tra fedeltà alle marche del cuore (72%) e desiderio di sperimentare prodotti/brand nuovi (69%). Le donne in attesa, meno fedeli e più sperimentatrici, rappresentano un’opportunità per i brand in grado di conquistarle.

Quando in famiglia arriva un bambino, l’attenzione a cosa si compra è forte: il 51% dichiara di essere ‘molto’ disposta a pagare di più per prodotti di qualità destinati ai figli, e in generale, dedica più energie alle scelte dei prodotti per il consumo famigliare.
Da non sottovalutare l’impatto della componente emozionale e irrazionale, che come dimostrano le scienze comportamentali, è alla base dei comportamenti di acquisto e riveste un ruolo primario tra le mamme.

Trasparenza, onestà, assistenza, sostenibilità i driver che guidano le scelte

Trasparenza e onestà (53%) sono i driver che guidano la scelta delle marche da acquistare. Seguono il livello di assistenza clienti, particolarmente apprezzato dalle mamme in attesa (42%), e la sostenibilità nei prodotti e processi.
Nelle scelte di acquisto le altre mamme diventano un riferimento chiave (89%), a conferma della forte esigenza di sostegno e conforto tra pari.
Significativo il ruolo assunto dai social (68%), soprattutto tra le donne in attesa, in buona parte attribuibile agli influencer.

I social sono rilevanti e orientano gli acquisti

Più della metà delle mamme afferma poi di aver comprato un prodotto dopo averlo visto sui social, e una su 3 acquista articoli che sono stati presentati da influencer, tra i quali compaiono oggi anche medici e specialisti (ostetriche, pediatri, neonatologi, ecc).

Elevata l’attenzione per la second hand: la metà delle intervistate ha effettuato almeno un acquisto di prodotti usati negli ultimi 12 mesi, tra abbigliamento, giochi e libri. E sono le app al primo posto nella classifica degli strumenti utilizzati per gli acquisti, seguite dallo swap tra amici e parenti.

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PA: la mala burocrazia costa il doppio dell’evasione fiscale

Lo evidenzia l’Ufficio studi della CGIA: nel rapporto ‘dare-avere’ tra lo Stato e i contribuenti, l’aggravio economico delle ‘distorsioni’ provocate dalla Pubblica amministrazione agli italiani ha una dimensione nettamente superiore alle mancate risorse dovute all’evasione fiscale.

In pratica, la mala burocrazia che attanaglia gran parte della PA provoca un danno economico ai contribuenti stimato intorno ai 184 miliardi di euro l’anno. Un importo pari a più del doppio rispetto alla dimensione dell’evasione tributaria, che secondo il Ministero dell’Economia e delle Finanze ammonta a 84,4 miliardi di euro. 

Se tutti pagassero quanto richiesto la PA avrebbe più risorse a disposizione

Di fatto, se la qualità dei servizi offerti dalla PA va assolutamente migliorata, è ancor più necessario contrastare l’evasione, ovunque si annidi.
L’infedeltà fiscale, infatti, è una piaga sociale ed economica inaccettabile che penalizza i più deboli, perché riduce la qualità e la quantità dei servizi offerti dal sistema pubblico. 

Non solo. Non è plausibile la tesi secondo la quale non pagare le tasse sarebbe ‘giustificato’ dal mal funzionamento dello Stato.
Se tutti pagassero quanto richiesto, la PA avrebbe più risorse a disposizione, probabilmente funzionerebbe meglio, e si creerebbero le condizioni anche per tagliare in misura strutturale la pressione fiscale.

L’evasione è un problema, ma la macchina pubblica deve essere più precisa ed efficiente 

Gli effetti economici dell’inefficienza della PA che gravano sulle imprese sono di fonte diversa: i dati non sono omogenei, e a volte gli ambiti di applicazione si sovrappongono.

Per tali ragioni, non si possono sommare. Ma una PA che funziona poco e male causa ai contribuenti danni economici molto superiori, addirittura più del doppio, di quanti ne subisce lo Stato da chi non compie il proprio dovere nei confronti del fisco.
Perciò, se l’evasione è un grosso problema che dobbiamo assolutamente estirpare, il vero problema per il nostro sistema Paese è mettere a punto una macchina pubblica precisa, efficace ed efficiente.

Sprechi, sperperi e inefficienze ostacolano la modernizzazione

Ovviamente è sbagliato generalizzare. Anche la nostra PA può contare su punte di eccellenza a livello centrale e locale, che nei settori della sanità, della ricerca, delle telecomunicazioni non hanno eguali nel resto d’Europa.
Tuttavia, sprechi, sperperi e inefficienze presenti nella burocrazia pubblica sono una amara realtà che purtroppo continua a ostacolare la modernizzazione del Paese. 

Tra le principali inefficienze che caratterizzano la PA, i debiti commerciali nei confronti dei propri fornitori costano 49,6 miliardi di euro, la lentezza della giustizia 40 miliardi, le inefficienze e gli sprechi presenti nella sanità sono quantificabili in 24,7 miliardi di euro, mentre gli sprechi e le inefficienze presenti nel settore del trasporto pubblico locale ammontano a 12,5 miliardi. 

Come ridurre le spese di gestione in negozio?

Ridurre le spese di gestione è un obiettivo prioritario per qualsiasi imprenditore che desideri massimizzare i profitti e mantenere efficiente e redditizia la propria attività commerciale.

Certamente esistono diverse strategie e suggerimenti pratici utili per ridurre le spese di gestione in negozio, e di seguito evidenzieremo le migliori pratiche che possono aiutarti a raggiungere questo obiettivo.

Gestisci l’inventario in modo efficiente

Partiamo dalle basi: un inventario fuori contro può diventare un peso finanziario non indifferente per qualsiasi negozio. Censisci attentamente le tue scorte di magazzino e adotta un sistema di gestione dell’inventario che ti consenta di tenere accuratamente traccia delle merci che entrano ed escono.

Riduci al minimo gli sprechi e assicurati di mantenere un adeguato livello di inventario in base alle esigenze dei clienti, proteggendoti da eventuali perdite economiche o mancati guadagni.

Ottimizza l’uso dell’energia

Un ambito in cui molti negozi possono risparmiare è l’uso intelligente dell’energia elettrica.

Potresti iniziare sostituendo la vecchia insegna con una a LED: le moderne insegne al Neon LED Flex consumano 10 volte meno di quelle tradizionali ed offrono il 6% di luminosità in più.

Questo accorgimento può ridurre significativamente i costi energetici a lungo termine, consentendoti di risparmiare sulle bollette.

Inoltre, passa alle moderne lampade a led anche per quel che riguarda l’illuminazione interna del punto vendita, noterai che oltre a risparmiare avrai da subito un negozio molto più luminoso ed attraente.

Ottimizza la pianificazione del personale

La pianificazione del personale è un altro aspetto cruciale per ridurre le spese di gestione in negozio. Analizza attentamente i flussi di clienti e lo storico delle vendite per determinare i periodi di picco e quelli di minor affluenza.

Utilizza queste informazioni per pianificare gli orari di lavoro in modo da avere il personale adeguato durante i momenti di maggior affluenza e di ridurlo quando l’attività è più tranquilla.

Inoltre, valuta l’opportunità di creare turni di lavoro flessibili o di assumere personale part time per evitare di avere staff in sovrannumero.

Riduci gli sprechi

Gli sprechi possono rappresentare una parte significativa delle spese di gestione. Identifica le aree in cui si verificano gli sprechi e adotta misure per ridurli.

Ad esempio, se noti che il cibo deperibile va spesso sprecato, rivedi le tue politiche di acquisto e le pratiche di stoccaggio per evitare di fare scorte eccessive.

Inoltre, incoraggia i dipendenti ad essere consapevoli dell’uso delle risorse a loro disposizione, ad esempio spegnere le luci quando non servono o ridurre l’uso di materiali di imballaggio.

Negozia con i fornitori

La negoziazione con i fornitori è un’abilità preziosa che può consentirti di ridurre le spese di approvvigionamento e gestione.

Cerca di stabilire relazioni solide con i tuoi fornitori, senza dimenticare che si tratta di partner commerciali.

Cerca la possibilità di ottenere sconti per volumi di acquisto più elevati o di negoziare prezzi più vantaggiosi. Inoltre, tieni d’occhio le offerte speciali o le promozioni che potrebbero consentirti di risparmiare ulteriormente sui costi di approvvigionamento.

Utilizza la tecnologia per automatizzare i processi

L’automazione dei processi può essere un modo efficace per ridurre le spese di gestione e migliorare l’efficienza operativa.

Esplora le soluzioni tecnologiche disponibili per il tuo settore, come software di gestione dell’inventario, sistemi avanzati di gestione del negozio o strumenti di analisi delle vendite.

Queste tecnologie possono semplificare le operazioni quotidiane, ridurre i costi operativi e ottimizzare l’efficienza complessiva del tuo negozio.

In breve

Come appare evidente, ridurre le spese di gestione in negozio richiede un approccio strategico da parte tua, ed esistono diverse opportunità per riuscire in questo obiettivo.

Adotta le soluzioni che meglio si adattano alle specifiche esigenze della tua attività e implementale gradualmente. Con la giusta attenzione e una buona pianificazione, potrai ottenere risultati significativi e migliorare la redditività della tua attività commerciale.

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